
Da "Abaddon", personificazione dell'idea della distruzione, sino alla terra favolosa di "Zemargad" passando per esotismi, latinismi, nomi e terminologie arcaiche, dal mito come la droga "Nephente" o dalla tradizione magica come il coltello cerimoniale "Arthame"... Migliaia di voci si alternano, in quasi seicento pagine, nel dare definizione alle parole "oscure" utilizzate nell'opera di autori fantastici quali H.P. Lovecraft, preso a esempio emblematico fin dal sottotitolo.
Non solo in Italia, il linguaggio semplificato della comunicazione di massa sta facendo strage di parole, assottigliando un vocabolario comune ormai sempre più teledipendente e alienato da sfumature letterarie, tanto da compromettere la comprensione di un testo pubblicato solo pochi decenni prima. Così, se da una parte qui da noi si rendono "più facili e scorrevoli" anche le vecchie versioni narrative – come si faceva un tempo soltanto con le riduzioni per ragazzi –, nei paesi di lingua inglese la situazione non è poi tanto diversa, quando persino quella che poco tempo fa era letteratura popolare oggi richiede note a margine per essere compresa.
Proprio nel fantastico, tale tendenza si fa ancora più evidente: gli arcaismi nei racconti horror di Lovecraft ed Edgar Allan Poe, la prosa complessa, poetica e sgargiante di Clark Ashton Smith, le allusioni mitologiche o persino esoteriche tipiche di certa fantasy e del weird, diventano una selva oscura per il lettore nutrito al massimo di bestseller o di instant-book.
Qui, il volume sulla pagina web dell'editore.
Weird Words: A Lovecraftian Lexicon
Daniel Clore
Hippocampus Press, 2009
brossura, 576 pagine, $25.00
ISBN 9780982429648
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